L’araba fenice

Ho guardato la morte negli occhi diverse volte, ormai. Occhi a me cari, nei quali ho letto il terrore, la consapevolezza o il sollievo. Varie volte, quindi.
Ma la vita no, la vita vera, quella che ha occhi di stelle e fame di esperienza, quella che conosce la caduta e la risalita, quella, si quella, l’ho guardata una sola volta negli occhi: nei tuoi.
A te, che sei partita già in credito, che già ti era stato tolto quello che sarebbe dovuto essere ed invece non è mai stato, a te che sono sempre stati posti limiti che puntualmente hai spostato, a te che nessuno c’avrebbe scommesso ed invece hai sempre alzato la posta giocando al rialzo, a te che hai sempre rischiato e sempre vinto, a te, amica mia, dedico questi pensieri sconnessi bagnati da egoistiche lacrime di dolore, quando invece dovrei brindare alla tua libertà, al tuo sollievo, al tuo librarti. Perdonami, amica mia, se sono così umana, da soffrire perché egoisticamente mi mancherai ogni giorno, perdonami se, quando perdo la razionalità piango perché ti vorrei ancora qui. Perdonami se non riesco ad avere il tuo spessore, la tua levatura, il tuo essere giusta sempre, onesta sempre, profonda sempre, fresca sempre, coraggiosa sempre.
Noi qui, pavidi, che avremmo voluto averti pur di averti, che ti avremmo chiesto di reggere il peso di una malattia ancora ed ancora, pur di averti. Noi piccoli, noi umani, noi, non alla tua altezza.
Mi mancherà la tua voce, i tuoi messaggi a mitraglietta, i tuoi occhi di polvere di stelle.
Mi mancheranno sì, per sempre, ma questo non cambia la mia folle felicità di saperli libera da quel corpo che ti impediva di far tutte le tremila cose che avresti voluto fare nel modo in cui avresti voluto. Eri stanca, e questo a noi deve bastare per accettare che ora tu sia altrove, sia altro, sia meglio.
“e se non potrò correre e nemmeno camminare…imparerò a volare.”
Noi tutti, che abbiamo avuto la magia di incontrarti sulla nostra strada, che abbiamo potuto ascoltarti, guardarti, leggerti, abbracciarti, baciarti, accarezzarti, siamo dei graziati dal tuo Dio, dei prescelti. Non ci capiterà più, ma ci è capitato. Questo basta.
Una stella di passaggio.
Una gladiatrice.
Una donna che è caduta infinite volte e infinite volte è risorta.
L’unica vera araba fenice.
Ti sentivi ricca, amata, fortunata.
Chissà se sei andata via sapendo che la nostra ricchezza eri tu. Perdonaci per tutte le volte che hai dovuto sentire qualcuno lamentarsi o essere infelice, perdonaci.
Ma si, tu si, tu hai saputo perdonare, hai dato l’esempio più alto che potessimo avere, ed ora che, finalmente hai imparato a volare, noi dobbiamo custodirlo.
E ogni struggente volta che avrò bisogno di te, saprò dove cercarti.
Mi siederò davanti al mare, respirerò e ti troverò.

E se qualcosa dopo la morte esiste, ora sei in un mare di nuvole a ridere e nuotare, metà pesce e metà angelo.